LA MERCIFICAZIONE DELLA DONNA |
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Violenze e discriminazioni contro le donne nel mondo contemporaneo |
di Antonella
Randazzo per
www.disinformazione.it |
Le autorità
occidentali, attraverso i media, denunciano spesso i comportamenti
discriminanti e vessatori, contro la donna, presenti all'interno
della cultura islamica. Queste denunce danno ad intendere che la
cultura occidentale tutela i diritti delle donne. Ma siamo davvero
sicuri che le donne siano rispettate nella cultura occidentale? Dai
fatti sembrerebbe proprio di no. Nei paesi del Terzo Mondo, molte sessuale di donne e bambini. Quasi mai i soldati subiscono processi per questi reati, nemmeno quando il crimine viene denunciato e provato. La violenza contro le donne e i bambini sembra fare parte della donne e bambini vengono ridotti in schiavitù a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo. Le violenze vengono perpetrate direttamente dai soldati occidentali, oppure dalle truppe mercenarie pagate dai governi. I gruppi di guerriglia in Congo, in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, in Liberia e in molti altri paesi africani, pagati dagli Usa, quotidianamente attuano stupri e violenze di ogni genere contro le donne, come se ciò facesse parte dell'ingaggio.
Lo stupro è usato come un mezzo per terrorizzare la popolazione, e il numero di casi aumenta con ogni nuovo scoppio di combattimenti e attacchi. Se le giovani sotto i 18 anni sono particolarmente esposte (quasi il 40% dei casi), il gruppo più colpito è quello delle donne tra i 19 e i 45 anni (53,6%). Queste sono le donne che lavorano nei campi per potere mantenere le loro famiglie. Gli atti di aggressione contro di loro hanno luogo principalmente in campi isolati ma anche lungo le strade percorse per arrivarvi. Di conseguenza, le donne limitano i loro spostamenti e nei centri nutrizionali nella missione di Kayna le madri preferiscono alloggiare nelle immediate vicinanze invece di tornare ogni settimana per prendere le razioni per i loro bambini.
In Africa, come
in Asia e in Medio Oriente, sono in aumento le violenze contro
bambine e donne. Un rapporto di Human Rights Watch (Hrw), del 2005,
riporta casi agghiaccianti di violenze sessuali contro donne e
bambine praticate da "peacekeepers" dell'Onu. Una ricercatrice di
Hrw, Anneke Van Woudenberg, spiega: "Vediamo che nelle zone di
conflitto lo stupro è usato sempre di più come un'arma da guerra...
Non si tratta di occasionali voglie di sesso dei soldati. Lo stupro
sta diventando parte della condotta normale di guerra".
Le truppe dell'Onu
in Congo, chiamate con la sigla Monuc, sono state accusate di
numerosi casi di violenza sessuale e di prostituzione infantile. La
responsabile di Hrw in Congo, Jane Rasmussen, racconta: "I posti
in cui sono accaduti i peggiori episodi di violenze sessuali sono
gli stessi da cui abbiamo ricevuto le denunce peggiori sul
comportamento dei peacekeepers... Il fatto è che le donne sono in
una condizione di tale degrado che la cosa appare loro quasi
normale. Una ragazza mi ha detto, in lacrime, che almeno quelli del
Monuc pagano". Le truppe occidentali, o i gruppi di guerriglia al soldo delle corporation e delle banche occidentali, in molti paesi, hanno creato una situazione talmente grave e criminale, che nel contesto gli stupri appaiono il male minore. La fame, le malattie, la denutrizione e il terrore in cui versa la popolazione, trasformano la realtà in un incubo. In Congo muoiono 31.000 persone al giorno, per la guerra e la fame, la maggior parte delle quali sono bambini. Secondo l'International Rescue Committee, dall'agosto del 1998, sono morte circa quattro milioni di persone. Sheila Sisulu, vicedirettore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale, racconta episodi di "ordinaria" violenza: La vita di Annie era serena. Aveva studiato Agraria all'università e suo marito aveva un ottimo lavoro. Vivevano con i loro figli in una casa di quattro stanze a Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo. Poi un giorno suo marito dovette scappare per mettere in salvo la pelle. Cinque soldati governativi, venuti a cercarlo, violentarono Annie e le dissero che sarebbero tornati ad ucciderla. Annie non perse tempo. Prese i suoi figli e se ne andò in cerca di un pò di pace. Nella sua fuga fu fermata dai ribelli che la violentarono a loro volta usando anche delle bottiglie. Solo dopo molto, riuscì a raggiungere un campo profughi. Viveva in una casa di fango con i suoi nove figli. La storia di Annie è abbastanza comune... Nei 14 anni della guerra civile liberiana, il 40 per cento delle donne ha subito violenze. Metà di loro porta ancora i segni psichici e fisici di quell'esperienza. Molte, allontanate dalla propria comunità, sono costrette oggi a prostituirsi per sopravvivere il che le espone ancora di più a abusi e malattie sessualmente trasmittibili come l'HIV/AIDS. Stupri sistematici, torture, schiavitù sessuale sono stati usati per terrorizzare e destabilizzare le comunità di tutto il mondo, da Haiti alla Repubblica Democratica del Congo a Myanmar. Durante la lunga e sanguinosa guerra civile in Sierra Leone, migliaia di donne e ragazze, talvolta bambine di appena sette anni, sono state rapite e ridotte in schiavitù per essere usate sessualmente o come combattenti, obbligate a uccidere. Le aree di guerra e le basi militari diventano luoghi di sfruttamento e di schiavitù sessuale. In seguito alla creazione di una base militare, si registra l'aumento della prostituzione e delle violenze contro le donne. Nelle zone limitrofe alle basi americane si concentra l'offerta sessuale, perché c'è la domanda. Oltre alla prostituzione, i soldati americani praticano anche diverse forme di violenza e prepotenza contro le prostitute e le donne in genere. A Pordenone si formò un comitato per denunciare tali comportamenti. Racconta Carla Corso: "Il Comitato è nato perché eravamo semplicemente stufe di quello che succedeva a Pordenone, di tutta la prepotenza nei confronti delle prostitute, soprattutto da parte degli americani".
Durante la
Seconda guerra mondiale, tutti gli eserciti praticarono la violenza
sessuale contro le donne. Alcuni eserciti, come quello giapponese e
americano, avevano una certa quantità di schiave sessuali, che erano
donne fatte prigioniere e costrette a subire violenze sessuali da
tutti i soldati. In Italia, alla fine della Seconda guerra mondiale,
le truppe americane costrinsero 40.000 donne napoletane a
prostituirsi, e violentarono numerose donne in tutti i luoghi
occupati. Dodici soldati mi violentarono uno dopo l’altro, dopo di che mi venne data un’ora di pausa. Poi seguirono altri dodici soldati. Erano tutti allineati fuori dalla stanza aspettando il loro turno. Sanguinavo e provavo così tanto dolore che non mi reggevo in piedi. Il mattino seguente ero troppo debole per alzarmi… non riuscivo a mangiare. Provavo molto dolore e la mia vagina era gonfia. Piangevo e piangevo, chiamando mia madre. Non potevo oppormi ai soldati perché mi avrebbero uccisa. Che altro potevo fare? Ogni giorno, dalle 2 del pomeriggio alle 10 di sera, i soldati si allineavano fuori dalla mia stanza e dalle stanze delle altre sei donne che c’erano. Non avevo neanche il tempo di lavarmi al termine di ogni assalto. Di sera riuscivo solo a chiudere gli occhi e a piangere. Il mio vestito strappato si sarebbe sbriciolato a causa della crosta formata dal seme secco dei soldati. Mi lavavo con acqua calda e pezzi di vestito per essere pulita. Tenevo premuto il vestito sulla mia vagina come un impacco per alleviare quel dolore e il gonfiore. Negli anni Sessanta, si ebbe una massiccia presenza militare americana nel Sud est Asiatico, in particolare in Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam e Birmania. Dopo pochi mesi dall'installazione delle basi Usa, si ebbe una crescita vertiginosa della prostituzione, dei locali notturni e dei luoghi di intrattenimento. I governi locali appoggiarono il fenomeno, permisero l'aumento della prostituzione e non intervenivano in alcun modo nemmeno di fronte a evidenti casi di violenza e maltrattamento. In Thailandia, nel 1950, c'erano 20.000 prostitute, ma dopo la costruzione delle basi americane diventarono 400.000 soltanto a Bangkok. La presenza delle truppe americane e dell'Onu, rese la zona del Sud est Asiatico un luogo di sfruttamento sessuale, anche minorile. In Thailandia, il 30% dello sfruttamento sessuale riguardava bambini. Le bambine thailandesi venivano violentate dai soldati americani, e poi inserite nel "mercato del sesso". I soldati si valsero persino delle "ristrutturazioni" economiche imposte da Washington per pagare le prostitute soltanto pochi spiccioli. Nel 1997, pagavano sessanta dollari per andare con una prostituta thailandese, ma dopo le "riforme", i soldati pagavano pochi dollari, avvantaggiandosi della svalutazione del bath thailandese.
Alla fine della
guerra del Vietnam, a Saigon c'erano circa 500.000 prostitute.
Racconta la studiosa Paola Benevene: "Le basi militari hanno
fatto sviluppare le città asiatiche o ne hanno fatto addirittura
sorgere di nuove, semplicemente promuovendo la creazione di locali
pubblici provvisti di prostitute".
Negli anni
Sessanta, venne creata la più grande base Usa nella città di
Olongapo, a Nord di Manila. Dopo pochi anni, la città divenne un
enorme bordello. Su una popolazione di 200.000 abitanti, 60.000
donne e bambini vennero ridotti in schiavi sessuali dei soldati
americani. Quando gli americani andarono via, nel 1992, molti
soldati in pensione ritornarono a Olongapo per "fare affari",
continuando a sfruttare le donne e i bambini all'interno del giro di
prostituzione creato anni prima. La DynCorp , una grande società americana che fornisce servizi all'esercito americano, in Kosovo e in Bosnia mandò numerosi impiegati e quadri, che crearono una rete di schiave sessuali, anche bambine di 12/15 anni. Il traffico venne in seguito denunciato da alcuni impiegati, ad esempio, da Ben Johnston, che nel 2002 svelò alcuni particolari del sistema di schiavizzazione della DynCorp: "Da quando sono arrivato, mi si è parlato di prostituzione, ma ho impiegato del tempo per capire che si compravano le ragazze con 600/800 dollari. Io ho detto che questa è semplicemente schiavitù".
Nonostante le
denunce avessero prodotto molta indignazione e sollevato
un'inchiesta, la DynCorp non subì alcuna penalizzazione, e i suoi
uomini vennero considerati come impunibili, allo stesso modo dei
soldati americani. Il caso della DynCorp non è l'unico, ma svela una
consuetudine degli americani. Le donne irachene ci hanno detto che le donne sono in prigione per essere interrogate e torturate perché rivelino informazioni sugli uomini loro parenti. Per le donne la tortura comincia quasi sempre con la tortura dello stupro, spesso stupro da più uomini... Una donna dell'Università di Baghdad che lavora per Amnesty International ha descritto gli abusi sessuali a cui è stata personalmente sottoposta a un posto di blocco e quello che ha saputo da altre donne. "Mi ha puntato la luce laser direttamente in mezzo al petto e poi ha indicato il suo pene. Mi ha detto 'Vieni qua, puttana, che ti scopo'". Le donne rinchiuse nelle prigioni irachene sono regolarmente maltrattate e umiliate. Abdel Bassat Turki, ministro dimissionario per i diritti umani, spiega: "Venivano loro negate le cure mediche. Non avevano veri gabinetti. Ricevevano solo una coperta anche se era inverno. E le loro famiglie non potevano visitarle". Molte donne irachene e afghane non raccontano le violenze subite per vergogna, per paura o perché traumatizzate. Un avvocato iracheno ha raccontato che una donna, ex-prigioniera di Abu Ghraib, "svenne prima di fornire maggiori dettagli dello stupro e delle coltellate subite da parte dei soldati americani". Altre ex-detenute si vergognano a raccontare quello che hanno subito, e non ne parlano, anche per nasconderlo alle famiglie.
Women Against
Rape ha denunciato che alcuni soldati inglesi hanno scattato foto di
stupri e violenze, che poi hanno fatto circolare come materiale
pornografico. Le truppe americane e britanniche praticano violenze
sessuali anche su bambini, come è stato denunciato da numerose
associazioni umanitarie. Esistono foto e video che documentano
queste atrocità, e sono stati visionati anche da alcune autorità
anglo-americane, come il vicepresidente americano Dick Cheney, che
hanno fatto finta di non aver visto. La "globalizzazione", impoverendo molti paesi, ha prodotto il fenomeno della tratta e riduzione in schiavitù delle donne. Molte donne, spesso giovanissime, vengono adescate con la promessa di un posto di lavoro, ma una volta uscite dal loro paese vengono violentate, schiavizzate e costrette a un'esistenza da incubo. Queste donne vengono inserite nel giro di prostituzione di molti paesi europei. Ad esempio, in Belgio, almeno il 15% delle prostitute sono state ridotte in schiavitù dopo aver lasciato il loro paese. La maggior parte di esse proviene dall’Europa orientale, dalla Colombia, dal Perù e dalla Nigeria. Anche in Svizzera, ogni anno, vengono introdotte 1500/3000 donne schiavizzate. Il traffico degli esseri umani è gestito e coordinato dalle stesse reti mafiose che si occupano del mercato della droga e delle armi. Ogni anno, almeno 800.000/900.000 persone sono vittime della tratta, l'80% di esse sono bambini e donne. Mentre l'immigrazione illegale viene controllata e severamente perseguita da leggi gravemente discriminatorie, il traffico umano viene occultato attraverso passaggi illegali che permettono ai trafficanti dell'Europa dell'est o africani, di portare in Italia o in altri paesi, gruppi di ragazze da inserire nella rete della prostituzione. Il commercio degli esseri umani, specie donne e bambini, è oggi più che mai fiorente, e interessa sia lo sfruttamento sessuale e lavorativo, sia l'accattonaggio ed il traffico di organi umani. La tratta degli esseri umani è aumentata a dismisura in seguito all'impoverimento dei paesi dell'est europeo, della ex Jugoslavia e della ex Unione Sovietica. Dall'inizio degli anni Novanta, la Banca Mondiale è intervenuta a saccheggiare questi paesi. Il Fondo Monetario Internazionale ne ha gravemente indebolito l'economia, accrescendo la miseria di numerose famiglie. In seguito alle "riforme" imposte, la disoccupazione ha raggiunto livelli molto elevati, e anche chi lavora guadagna così poco da non poter pagare il necessario per la sopravvivenza. Per questo, con la promessa di un lavoro, molte ragazze di questi paesi sono disposte a rischiare e a partire, ritrovandosi poi schiavizzate e costrette a prostituirsi.
Alcune di esse,
per la miseria, hanno accettato di entrare in un giro di
prostituzione che si basa su cataloghi o su foto pubblicate su
alcuni siti internet, attraverso i quali, "l'utente" occidentale può
"valutare la merce" e "acquistarla". L'offerta è in aumento perché è
in crescita la domanda di molti uomini europei, che pur sapendo che
si tratta di un traffico basato sulla miseria e sulla disperazione,
chiedono di fare sesso con queste donne.
Le donne
schiavizzate sono tenute sotto minaccia, e talvolta torturate con
sigarette spente sulla pelle o violenze fisiche e psicologiche di
vario genere. La situazione di schiavitù delle donne straniere
costrette a prostituirsi, è ormai nota a tutti, eppure una grande
quantità di uomini europei vanno con queste donne, rendendosi
complici di crimini gravissimi. La responsabilità di questi uomini è
assai grave, perché se non ci fosse la domanda non ci sarebbe
nemmeno l'offerta.
Nei paesi poveri,
spesso le violenze determinano l'entrata nel giro delle
prostituzione. In India, ogni anno quasi 2 milioni di bambine, tra i
5 e i 15 anni, vengono avviate alla prostituzione, mentre in
Bangladesh, negli anni Novanta, sono state schiavizzate oltre
200.000 donne, molte delle quali giovanissime.
Su questo
sconcertante fenomeno, scriveva Enzo Baldoni: "Ma non sono quasi
tutti mariti, quasi tutti padri i milioni di tedeschi, italiani,
inglesi, americani che ogni anno affollano i bordelli della
Thailandia (o del Brasile) per montare addosso a bambine di dieci,
otto perfino quattro anni?"
Tutte le
religioni tradizionali discriminano le donne, impedendo
l'amministrazione del culto e imponendo dottrine che le penalizzano.
Il mondo ricco non tratta la donna al pari dell'uomo, ma la relega
nelle mansioni più umili e la considera per il suo aspetto estetico,
all'interno di un sistema mediatico che esalta la sessualità nei
suoi aspetti più istintivi.
Mentre la cultura
islamica nasconde la donna o la isola socialmente, la cultura
occidentale tende a denigrarla, e a farla apparire come oggetto
sessuale o merce. In entrambi i casi si tratta di culture maschili e
maschiliste, che temono gli aspetti femminili dell'essere umano,
come l'intuito, la crescita emotiva e la creatività, e per sopperire
a questo, alimentano gli aspetti del maschile che non sono
costruttivi né creativi, come il militarismo e il machismo. In Italia 3 milioni di persone soffrono di anoressia o bulimia, e nel 95% dei casi si tratta di donne. Queste patologie emergono soprattutto nella fascia d'età che va dai 12 ai 25 anni. La bambina, fin da piccola, apprende che l'avvenenza sessuale è la cosa più importante richiesta alla donna, e che i modelli estetici proposti dai media sono praticamente irraggiungibili. Una ricerca della Società Italiana di Pediatria ha fatto emergere che già le ragazzine delle scuole medie, per il 60,4%, sono preoccupate per il loro peso, e vorrebbero diventare più magre. Molte di esse, per adeguarsi al modello estetico proposto dai media, intraprenderanno diete che potranno dare inizio a problemi nell'alimentazione.
Le modelle delle
passerelle o le ragazze delle copertine delle riviste, spesso hanno
un corpo sottopeso, e non godono di salute fisica come dovrebbero,
essendo sottoposte a diete non salutari. Esse stesse sono vittime
del modello imposto nel mondo della moda e della pubblicità, e
possono avere conseguenze gravi per la loro salute. Alcune di esse
giungono alla morte. In Italia non c'è alcuna parità fra uomo e donna. Le donne sono discriminate nel lavoro, nella società e talvolta anche in famiglia. Esse lavorano con salari più bassi e meno possibilità di carriera. Negli ordini professionali o nei posti di comando le donne sono pochissime, così come nel settore della politica e della burocrazia. Le donne lavorano in quelle mansioni che richiedono bella presenza, come la commessa, oppure nelle mansioni più umili o poco qualificati, come nelle pulizie o nell'assistenza agli anziani. Nel resto dell'Europa e negli Usa c'è una situazione analoga, anche se l'occupazione femminile è più elevata e ci sono più donne nelle posizioni di prestigio. In Italia proliferano i concorsi di bellezza, e persino la Rai dedica ogni anno molte serate all'elezione di Miss Italia, esaltando l'evento come fosse importantissimo. Gli spettacoli televisivi mostrano donne poco vestite, che vengono utilizzate per la loro avvenenza. Da anni ormai ci siamo abituati all'esistenza di programmi in cui sono presenti una o più figure femminili che si offrono alla vista ma non hanno alcun ruolo né competenze professionali. In alcuni di questi programmi, vengono fatte inquadrature maliziose di seni, glutei o labbra gonfie e invitanti. Negli ultimi anni, i modelli femminili proposti in TV sono diventati sempre più lontani dalle donne reali, e sempre più vicini a quelle immagini delle riviste che nei tempi passati venivano nascoste dietro le edicole. Le vallette in TV, spesso non hanno nemmeno un nome, e subiscono una depersonalizzazione che ha lo scopo di farle apparire semplicemente come oggetti sessuali seducenti.
Nel 2005, noi
italiani abbiamo ricevuto alcuni consigli da uno speciale comitato
dell'Onu (il Comitato per l'eliminazione della discriminazione
contro le donne), che denunciava la tendenza, in Italia, a
mercificare il corpo femminile nei media (TV, pubblicità) e a
relegare la donna in ruoli subalterni. Il comitato dell'Onu
osservava che "tali atteggiamenti sono la causa della posizione
svantaggiata delle donne sul lavoro e nella politica", e
consigliava di "promuovere un'immagine delle donne alla pari in
tutte le sfere della vita".
La TV
mostra molto
spesso il corpo femminile nudo o seminudo utilizzato come oggetto
di seduzione, per la pubblicizzazione di qualsiasi prodotto. Queste
pubblicità, trasmesse a tutte le ore, sono altamente diseducative
perché promuovono l'idea di donna come oggetto sessuale, e mostrano
corpi femminili perfetti, che producono nelle donne comuni complessi
d'inferiorità.
Nel 2006, in
Italia, ci sono stati 74.000 stupri, il 6,6% dei quali ha riguardato
minorenni. Ogni anno 500.000 donne italiane denunciano casi di
stupro, di molestie o di tentata violenza.
Nella cultura
occidentale, il modello di successo femminile non viene collegato a
meriti o a talenti della donna, ma al matrimonio che essa contrae.
Il modello femminile tradizionale è quello della donna che realizza
se stessa con un buon matrimonio, cioè sposando un uomo di buon
livello socio-economico.
La cultura
occidentale illude la donna di essere libera sessualmente, ma
"mercificare" non significa liberare. Nelle civiltà dominate dal
maschile è l'uomo che vuole stabilire quale debba essere la
personalità e la sessualità femminile, attuando un controllo che
tende ad alterare ciò che il femminile originariamente è o può
essere. Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos Edizioni, 2006); La Nuova Democrazia. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa (Zambon Editore 2007) e "DITTATURE: la storia occulta" (Edizione Il Nuovo Mondo, 2007).
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