Fallujah

 

I Mass Media ci raccontano proprio tutto?

 

Armi di distrazioni di massa

In principio erano le armi di distruzione di massa. Per prevenire il terribile attacco di Saddam al resto del mondo, partì la guerra all’Iraq. Poi si scoprì che le armi non c’erano, dunque non c’era nulla da prevenire. Allora si disse che bisognava colpire, a Baghdad, il più temibile alleato e foraggiatore e protettore di Al Qaeda. Poi si scoprì che i due nemmeno si conoscevano, anzi si odiavano. Poi si disse che eravamo lì per liberare gli iracheni da Saddam e dai suoi aguzzini della Guardia repubblicana. Poi si scoprì che molti dei suoi aguzzini della Guardia repubblicana, appena catturati, venivano travestiti da ufficiali del governo provvisorio insediato dagli anglo-americani e rimessi in pista. Allora si disse che bisognava restare perché gli iracheni lo volevano, infatti ci accoglievano come liberatori. Poi si scoprì che ci sparavano addosso. Allora si disse che eravamo lì per esportare la democrazia. Poi si scoprì che, già che c’eravamo, esportavamo anche la tortura (per esempio nel carcere di Abu Ghraib), della quale per altro l’Iraq era da tempo un discreto produttore. Allora Giuliano Ferrara, che è molto intelligente, disse che c’è un bella differenza fra la tortura di Saddam e la nostra: lui i torturati mica li fotografava, noi sì perché siamo democratici. Clic. Volete mettere la differenza? Allora si disse che bisognava restare per riportare la pace in Iraq, contro una guerra che prima non c’era e che avevamo scatenato noi. Poi si scoprì che la pace faceva più morti della guerra. Allora si disse che bisognava restare per combattere il terrorismo. Poi si scoprì che di terroristi, in Iraq, non ce n’erano, almeno prima dello sbarco delle truppe occidentali: ne arrivarono a migliaia da tutto il mondo arabo e ne sorsero molti in loco, dopo il nostro arrivo; insomma il terrorismo, da quando lo combattiamo, aumenta. Allora si disse che bisognava restare perché altrimenti sarebbe scoppiata la guerra civile fra sciiti e sanniti. Poi, consultando i libri di storia, si scoprì che quella irachena non conosce guerre civili, ma grazie alla nostra presenza sul posto ottenemmo anche questo risultato: scatenare la prima guerra civile della storia dell’Iraq. A questo punto il segretario di Stato americano Colin Powell ingranò la retromarcia: “Se gli iracheni non ci vogliono, ce ne andiamo”. Ma dovette andarsene lui dalla carica di segretario di Stato, rimpiazzato da Condoleezza Rice.

Le bugie che compongono la Grande Menzogna della guerra preventiva sono infinite. Impossibile contarle. Ma almeno un merito lo hanno avuto: quello di evidenziare le falle, forse irrimediabili, del sistema dell’informazione, non solo italiano, ma di tutto il mondo cosiddetto libero. Con un distinguo non da poco: tutti i capi di governo che hanno condiviso la scriteriata guerra di occupazione dell’Iraq, da Bush a Blair ad Aznar, sono precipitati ai minimi storici di popolarità, tranne uno: Silvio Berlusconi. Sia pure tardivamente, infatti, i media americani, inglesi, spagnoli e così via hanno smascherato le bugie dei rispettivi governi. Quelli italiani, se si eccettuano poche e trascurabili enclave della carta stampata, se ne sono ben guardati. Anche perché, secondo la migliore tradizione italiota, la gran parte degli intellettuali da copertina, lungi dal costruire un contropotere  del pensiero rispetto alla voce del padrone, si è appiattita a trombetta del pensiero unico. E mai come in occasione della guerra preventiva si è data la missione di trovare le parole più appropriate per nascondere le verità scomode, per confondere le idee alla gente con sottili distinguo, sofismi furbetti, continui spostamenti del dibattito sempre più lontano dai fatti. Dalle armi di sterminio all’esportazione della democrazia, dalla lotta al terrorismo alla difesa dell’Occidente e della “civiltà giudaico-cristiana” e addirittura della Chiesa cattolica, e via di questo passo, all’infinito.

[…] La bufala delle armi di distruzione di massa, se non avesse originato una catastrofe epocale, sarebbe tutta da ridere. Come è noto nelle loro numerose ispezioni in Iraq, gli ispettori dell’Onu al seguito di Hans Blix non ne avevano trovato traccia. […]

[…] Inesistenti sul versante iracheno, le armi proibite c’erano eccome negli arsenali dei cosiddetti liberatori. Invece della democrazia, gli americani hanno esportato in Iraq le armi di distruzione di massa: così nessuno potrà più dire che non c’erano. Sono americane, è vero, ma non è il caso di sottilizzare. Un’impeccabile inchiesta-scoop del giornalista Sigfrido Ranucci, inviato da Rainews 24 che l’ha trasmessa il 7 novembre 2005, dimostra che la città santa di Fallujah fu rasa al suolo nella notte fra l’8 e il 9 novembre 2004, con migliaia di vittime civili, grazie a massicci bombardamenti di bombe al fosforo bianco, proibite da ben cinque convenzioni internazionali nei combattimenti contro obiettivi civili. Il fosforo bianco è una sorta di napalm ultimo modello che brucia la carne di chi viene a contatto. […]

(Tratto dal libro di Marco Travaglio: “La scomparsa dei fatti”)

 

Video FALLUJAH (La strage nascosta)

http://www.rainews24.rai.it/ran24/inchiesta/video/fallujah_ITA.wmv