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Qual è il significato dell'adorazione dei Santi? |
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Gesù nei suoi Vangeli non ha mai parlato né di Chiesa, né di sacerdozio, né di celibato, né di papato, né, tantomeno, di venerazione dei Santi. Tutto ciò che si sta verificando nel Vaticano, sotto la guida spirituale di alcuni Papi, è frutto di una manipolazione spietata dei Vangeli, attraverso i vari Concili che si sono avuti nella storia del Cristianesimo. Gesù nei suoi Vangeli ha parlato di Dio, come unica Entità Suprema a cui dobbiamo la nostra esistenza. La venerazione dei santi fa parte dell’idolatria e risale ad antichi riti pagani, ciò è in completa contraddizione con i dogmi della religione cristiana, (Nuovo Testamento). Il Vaticano è diventato una “fabbrica di santi”. Troppe beatificazioni a San Pietro sotto il pontificato di Wojtyla.
UN PO’ DI STORIA In origine l'indulgenza veniva concessa dietro presentazione di un libellum pacis da parte di un fedele in attesa di martirio, che offriva il proprio sacrificio in espiazione dei peccati altrui, alla maniera di Cristo. In seguito sia le pene per i peccati che le indulgenze per i peccatori divennero sempre più annacquate: le prime si ridussero ad azioni simboliche, quali la recita di preghiere e giaculatorie o la visita a chiese e santuari, e le seconde furono concesse attivando un ideale Tesoro dei Santi nel quale convergevano tutti i loro crediti, e dal quale potevano attingere i peccatori per pagare i loro debiti. Insomma, un vero e proprio capitalismo spirituale basato sulla divisione del lavoro e lo sfruttamento della santità, all'insegna del motto: « I furbi peccano e i fessi espiano ». La simonia, in tutto questo, entrò quando la Chiesa incominciò a intendere il Tesoro dei Santi in maniera letterale, invece che metaforica: in particolare, a permettere ai peccatori di farvi prelevamenti di indulgenze spirituali in cambio di versamenti di denaro materiale, e a organizzare un aggressivo recupero crediti significativamente chiamato questua, « ricerca ». A rendere più gravoso l'onere per i fedeli ci si misero poi anche le autorità secolari, che a loro volta pretesero di riscuotere tasse su un mercato che veniva bandito nei templi delle loro città e istituirono una specie di iva, « Imposta sul Valore Apostolico ». I piccoli e grandi risparmiatori che rimpinguavano le casse del Tesoro celeste a forza di buone azioni erano i santi. Agli inizi del Cristianesimo la parola (dal latino sanctum, «sancito», participio di sancire) indicava semplicemente i fedeli, come nel giudizio « tutto il male che ha fatto ai santi in Gerusalemme », o nell'indirizzo: «Ai santi che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù ». In seguito passò a indicare i martiri, e dopo la fine delle persecuzioni fu estesa a varie altre categorie, dalle vergini ai dottori della Chiesa: tutte accomunate dall'aver professato la fede in maniera eccezionale, e dall'essere oggetto di una devozione che presto sfociò nel totemismo delle reliquie e nel relativo commercio, complementare a quello delle indulgenze. Naturalmente, molti dei santi tradizionali risalenti ai primi secoli non sono mai neppure esistiti, e oggi vengono eufemisticamente chiamati «non storici»: alcuni, in particolare, sono semplici annessioni di divinità pagane, come la celtica Brigida. Per rimediare, a partire dal 993 fu istituito un registro ufficiale dei santi, inaugurato con la canonizzazione di Ulrico di Augusta: una cerimonia che è l'evidente analogo moderno dell'antica apoteosi pagana, nonostante i dotti distinguo tracciati nel 1738 da Prospero Lambertini, poi Benedetto XIV, nel suo studio De Servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione (« Beatificazione dei Servi di Dio e canonizzazione dei Beati»). In ogni caso, pagana o no che sia, la canonizzazione richiede, fra le altre cose, la concessione di un miracolo da parte del candidato santo, oltre a un ulteriore miracolo per la sua precedente beatificazione, che sarebbe una specie di « sottosantità » inventata nel secolo XIV: si potrebbe dunque pensare che oggi, in piena era tecnologica, queste cose siano passate di moda. E invece, Giovanni Paolo II ha proclamato nel suo pontificato ben 1338 beati e 482 santi: cioè, da solo, più dei 1319 beati e 296 santi di tutti i suoi predecessori dal 1588, anno in cui Sisto V istituì la Congregazione dei Riti e fissò le procedure moderne. |
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Non ci si può limitare a dire “siete troppo ignoranti; la decenza ha un limite. Questo è solo becero anticlericalismo……”.
Lei non è entrato minimamente nel merito delle argomentazioni enunciate nel post.
Piero Calzona non obbliga nessuno a leggere o commentare il blog per cui, l’atteggiamento più corretto mi sembra sia quello di “esporre il pensiero in modo dettagliato, indicando i punti chiari del dissenso”.
Altrimenti diventa uno sterile scambio di invettive.
Detto questo, è innegabile che nel blog si “respiri” il risentimento anti-cattolico dell’Autore.
La frase di presentazione (molto bella)recita: “ALLA RICERCA DI SOLUZIONI COMUNI PER LA PACE E LA LIBERTÀ NEL MONDO”.
Dopo aver letto con attenzione gli ultimi post con i relativi commenti sembra che la ricerca di soluzioni comuni per la pace e la libertà del mondo debbano passare dalla personale guerra santa dell’Autore nei confonti della Chiesa.
Ma è una sua scelta, che non sta al sottoscritto di giudicare.
Come dicevo, nessuno è obbligato a leggere il blog, tantomeno a commentarlo.
Se si decide di commentare, occorre farlo con rispetto.
Nel merito del post, l’argomento è: la venerazione dei santi.
Si afferma che questa è “una manipolazione spietata dei Vangeli, attraverso i vari Concili che si sono avuti nella storia del Cristianesimo” e che “fa parte dell’idolatria”.
Con il suo permesso vorrei replicare su questi punti.
La contestazione della venerazione dei santi appartiene al mondo protestante ed ai Testimoni di Geova, i quali contestano questa venerazione.
I riformatori protestanti Zwingli e Calvino già nel XVI secolo consideravano il culto dei santi una invenzione umana, senza basi bibliche.
Cominciamo con il dire che nella Bibbia sono chiamati “santi” tutti quelliche hanno fatto la scelta cristiana, i membri della comunità di Cristo.
Ma noi restringiamo il discorso ai santi che sono già in Cielo: uomini e donne che si sono distinti per la pratica eroica delle virtù cristiane.
E' lecito - chiediamo - venerare questi santi? Oppure ciò è contro la volontà di Dio?
La Venerazione dei santi è confermata dalla Sacra Scrittura e dalla tradizione bi-millenaria della Chiesa, fin dalle Chiesa “primitiva”.
Venerare i Santi è in sintonia con quello che i cristiani hanno sempre fatto, fin dai tempi della Chiesa primitiva.
Infatti, cercando nella storia della Chiesa primitiva è possibile riscontrare come già i primi cristiani si comportassero al riguardo.
Premettiamo che fin dai primissimi tempi il martirio, il dono della vita per Cristo, era considerato la massima espressione dell'amore a Dio e della fede.
Il martire era un eroe cristiano e la comunità circondava di venerazione - come facciamo oggi noi cattolici - il suo corpo e la tomba.
Gli Atti degli Apostoli narrano, al capitolo 8, che dopo il martirio di Santo Stefano, “Persone pie seppellirono Stefano e fecero grande lutto per lui”.
Nella Chiesa primitiva, come facciamo noi cattolici, veniva ricordato l'anniversario della morte del martire e lo si pregava perché intercedesse presso Dio in favore dei vivi.
Non mancano i documenti.
Il primo che la storia ci ha tramandato ricorda il “giorno del martirio” di San Policarpo, morto il 23 febbraio 155 a Smirne, nell'odierna Turchia.
Questo documento è stato scritto nell'anno 177 dalla Comunità di Smirne e si intitola “Martirio di san Policarpo”.
Vi si legge la distinzione tra la adorazione da tributare a Cristo, perché è Dio e la venerazione da tributare ai martiri, perché sono stati discepoli e imitatori di Cristo. Leggiamo: “Noi adoriamo Lui (il Cristo) perché è Figlio di Dio; i martiri invece li amiamo come discepoli e imitatori del Signore (...). Pertanto il centurione, visto l'accanimento dei Giudei nella contesa, fece portare in mezzo il corpo e lo fece bruciare secondo il costume pagano. Così noi, solo più tardi, potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme più insigni e più stimabili dell'oro, e le collocammo in luogo conveniente. Quivi, per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo con gioia e allegrezza, per celebrare, con l'aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”
(Dal martirio di san Policarpo, cc. 17 e 18).
In questo prezioso e antichissimo documento appare come nei primissimi tempi - siamo poco dopo la metà del II secolo - i cristiani veneravano i martiri, i santi, raccoglievano e custodivano le loro reliquie: proprio come facciamo oggi noi cattolici.
I cristiani dei primi tempi raccoglievano, con religiosa pietà, quando era possibile, le sacre spoglie dei martiri per seppellirle onoratamente, e poi celebravano il dies natalis, cioè il giorno del martirio, con la Messa.
La storia ci trasmette altri dati.
Lo storico Eusebio di Cesarea ci racconta che il senatore romano Astirio, presente al martirio del soldato Marino, “si pose sopra le spalle il cadavere, lo avvolse in scintillante e preziosa veste e con magnifica pompa lo collocò in una tomba conveniente” (Hist. Eccl., VII, 16).
A Cartagine i cristiani, dopo la morte di san Cipriano, presero di notte il corpo del martire e lo accompagnarono fra ceri e fiaccole con preghiere in solenne corteo fino al sepolcro.
I cristiani si radunavano sulla tomba, se questo non era impossibile per via della persecuzione, per commemorare i martiri con la celebrazione eucaristica e con altri riti liturgici.
San Cipriano voleva che si tenesse conto del giorno della morte dei confessori della fede per celebrare la loro memoria.
Sono solo alcuni esempi, molti altri esempi se ne potrebbero portare.
Aggiungo che la venerazione dei Santi non è in contrasto con l'insegnamento della Bibbia
La Bibbia afferma che è legittimo venerare i santi, pregarli, chiedere la loro intercessione.
In 1 Tm, 2,5 troviamo esplicitamente: "uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini.
E' facile comprendere che la mediazione unica, necessaria di Gesù, non esclude una mediazione secondaria, subordinata all'unica di Cristo dal quale e per il quale ci viene tutto.
Uguali intercessioni subordinate e secondarie le troviamo anche in Gv 2,3: “La Madre di Gesù gli disse. ‘Non hanno più vino’ "ed ottenne dal figlio il vino ricavato dall'acqua.
Anche negli Atti (12,5) troviamo che tutta “la Chiesa pregava per Pietro", e Pietro fu liberato dalla prigione per l'intervento di un angelo.
In Lc 7,2-10 viene raccontato l'episodio del centurione che manda a Gesù alcuni anziani dei Giudei a pregare di venire a casa sua per salvare un suo servo ammalato.
"Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: 'Egli merita che Tu gli faccia questa grazia, dicevano, perchè ama il nostro popolo..."' "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande..." "E gli inviati quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito".
In 1 Tm 2,1-6, dice: "... la preghiera infatti, è cosa buona e accetta al Salvatore nostro Dio, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla cognizione della verità”.
S. Giacomo insiste: “... molto può la preghiera intensa del giusto" (Gc: 5,16).
Questa intercessione o mediazione dei Santi non intacca minimamente la posizione di Gesù Cristo quale unico mediatore fra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5).
Infatti tutte le preghiere che sono rivolte a Dio - comprese quelle della intercessione dei Santi - sono tutte rivolte a Lui per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo.
Così ha sempre pregato e continua a pregare la Chiesa.
Queste precisazioni restano sempre vere, anche quando un fedele, per ignoranza o per semplicità, dovesse intendere o fare diversamente.
La Chiesa interviene ed è sempre intervenuta per correggere qualunque deviazione al riguardo.
Anche Paolo scrive: "... sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del Suo Corpo che è la Chiesa" (cf Col 1,24).
Gesù non è l'unico mediatore?
E cosa può apportare di bene Paolo al Corpo di Cristo che è la Chiesa?
E' presuntuoso Paolo?
Non dimentichiamo mai che qualunque intercessione-mediazione è sempre secondaria e subordinata a quella, di Cristo.
Spero di aver contribuito a rasserenare la discussione e prego Dio affinché l’Autore del blog possa imparare ad apprezzare il buono che si può trovare in ogni persona onesta, compresi i cattolici.
Ringrazio per l’attenzione.
Con i migliori saluti, Gianpiero.
Buona giornata.
Si potrebbe continuare con i miracoli.... ma anche con lo straordinario contributo umano e culturale che, nel corso dei secoli, ha posto le basi della civiltà occindentale, così come la conosciamo.
Non a caso insistiamo molto sul riconoscimento delle "radici giudaico-cristiane" dell'Europa.
Parlare di questo, però, ci porterebbe fuori dal tema del post che l'Autore ha proposto.
per i Cristiani esiste un Unico Mediatore.
Lo ha sempre professato la Chiesa: "Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, nella unità della sua Persona divina; per questo motivo è l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini."
(fonte: 480 CCC - http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P1I.HTM).
La devozione ai Santi non intende contrapporsi (e di fatto non si contrappone) all'adorazione che è dovuta solo a Dio.
Evito di ripetermi perchè ne ho già parlato nel precedente commento.
In attesa di leggere con interesse il prossimo post vorrei di seguito riportare, sperando di fare cosa gradita, una straordinaria lettura di un Padre della Chiesa che spiega molto meglio di quanto farebbe il sottoscritto i motivi della nostra devozione ai Santi:
Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)
A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri. Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi. Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa. Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati. Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo. Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio. Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso. Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.
A presto.