DIO E’ NATO DONNA

 

 

IL CULTO DELLA DEA MADRE

 

Nel Paleolitico Superiore, con la comparsa dell'uomo di Neandhertal, appaiono le prime rappresentazioni artistiche (parietali e scultoree) che testimoniano la presenza di culti,nelle quali, accanto alle figure maschili, rappresentate in numero ristretto, sono presenti anche quelle femminili. Col Neolitico,infatti, da un lato si farà strada la civiltà degli allevatori e dei pastori, retta da una struttura patriarcale, dall’altro quella degli agricoltori che presenterà aspetti del matriarcato; come riflesso religioso di questo dualismo economico-sociale, da una parte presso i pastori prevarrà la religione del Cielo Padre (perché dal cielo proviene la pioggia che fa nascere e crescere l’erba necessaria al pascolo e alla vita umana) e del Signore degli Animali (da lui, infatti, dipende la cattura della selvaggina e l’esito positivo della caccia), dall’altra, presso gli agricoltori la religione della Madre Terra.


L'archeologia certo fornisce buon saggio dell'antichità dei culti femminili: sono davvero numerose le cosiddette Veneri preistoriche ossia semplici statuette (anche in forma di bétili o di rocce lavorate) databili ad almeno 15.000 anni fa; queste raffigurazioni riproducono archetipi di fertilità (seni e fianchi enfatizzati), e molte epoche le separano dalle prime raffigurazioni maschili. Le figurine femminili si trovano frequentemente in tutto il vasto territorio tra i Pirenei e la valle del Don, estendendosi a sud fino all’Italia settentrionale. Anche se alcuni esemplari risalgono al magdaleniano (10.000a.C.), la maggior parte di esse appartiene all’epoca gravettiana (20.000 a.c.), e fa pensare che fra l’Europa orientale e l’Europa occidentale, esistesse una vasta comunità di tendenze, tanto nel campo psichico che in quello tecnico. Le figurine erano di solito intagliate in avorio, in lignite o in diverse qualità di pietre: calcite, ematite, oolite, serpentino, talco e steatite. Ma una figurina proveniente da Dolni Vestonice, in Moravia, era modellata in un materiale simile all’argilla e cotta. L’attenzione dell’artista si concentrava sui seni generosi, le anche e le natiche abbondanti, insomma sui simboli e gli attributi della maternità.La Dea Madre, la Dispensatrice di Vita, colei che dal suo grembo dà vita ad ogni creatura, ma come genera la vita, così può anche toglierla diventando in questo modo la Dea della Morte, che personifica le forze distruttive della natura.


Le cosiddette Veneri sono state trovate ovunque nell’Europa preistorica, dai Balcani al lago Baikal in Siberia, e in occidente da Willendorf, vicino a Vienna, alle Grotte du Pape in Francia. Insieme ai dipinti murali, alle caverne-tempio e ai luoghi di inumazione, queste statuette sono i documenti di costumi e credenze del Paleolitico. Analisi comparative di stile e tipologia ci danno un orientamento cronologico: sembrano indicare una straordinaria multi-millenaria persistenza della figura femminile steatopigia, una madre primordiale che accompagna il genere umano dal pieno Paleolitico superiore al Neolitico. Le fasi più antiche hanno chiari raffronti con le figurine del Paleolitico superiore europeo ed asiatico, in particolare con le cosiddette “veneri” attribuite alla cultura aurignaziana, alcune delle quali hanno oltre 30.000 anni.


Possiamo affermare con assoluta certezza che fin dall'inizio dei tempi la Grande Madre ha accompagnato il lento evolversi dell'uomo.
Il culto del Dio padre, che tanta parte ha avuto, sia nel bene che nel male, nella storia occidentale risale, tutt'al più, a 3mila anni fa. In precedenza, approssimativamente dal 30mila a.C. al 3mila a.C. si onorava principalmente la Grande Dea.
Ne consegue quindi che il culto della Dea è stata la prima forma di religione comparsa sulla terra.Una tale abbondanza di ritrovamenti di Antiche Madri, in confronto allo scarso numero di manufatti contemporanei, ha portato gli studiosi a ipotizzare l'esistenza di un culto della fertilità incentrato sulla Dea Madre che rappresenta la potenza generatrice dell'universo raffigurata come donna, mentre il potere di generare, nutrire e proteggere era simboleggiato dagli attributi sessuali. Una caratteristica importante di questa dea è il fatto che sia partenogenetica, ovvero crei la vita a partire da se stessa, senza bisogno di nulla, e questo sicuramente è il massimo segno del potere di una divinità. I segni e le figure che sin dalla preistoria sono stati associati al culto della Dea si possono accorpare in alcune categorie fondamentali:
-fertilità (dispensatrice di vita)
-procreazione (nascita)
-prosperità (energia e sviluppo)
-morte e rigenerazione.
Nel culto della Dea sono evidenti tre figure che corrispondono a una trinità pagana: la fanciulla, la madre e l’anziana.
-tre sono le direzioni secondo le quali procede l’universo: creazione, mantenimento e distruzione.
-tre sono le fasi principali della vita umana: nascita, riproduzione e morte.
-tre sono i tempi dell’esistenza: passato, presente e futuro.
Questi tre aspetti della Madre costituiscono la legge suprema che governa ogni essere e ogni esistenza.


Nella tradizione vedica questa triplice forma è rappresentata da Durga il combattimento (la Vergine Guerriera), Laksmi l’abbondanza ( la Madre Terra) e Sarasvati la saggezza (l’Antica che tutto conosce). La Dea si manifesta nel principio femminile che genera e governa questo mondo, lo conserva e lo distrugge in una eterna danza.
La figura delle tre Madri nella tradizione europea si ritrova in tutte le aree, dalle tre Parche romane (nona, decuma e morta) e le tre Moire greche (Cloto, Lachesi e Atropo) che reggono il destino di tutti gli uomini, alle Matrone, ampiamente raffigurate, sia in Italia sia in Francia e soprattutto sulle Alpi. Quasi sempre le Matrone sono in gruppi di tre (anche se questa non può considerarsi una regola fissa), sedute o, più frequentemente, collocate in modo da rappresentare una sorta di danza con le braccia incrociate, così da formare una specie di catena. Anche se non abbiamo documenti che comprovino l’esistenza di templi dedicati alle Matrone, alcune iscrizioni rinvenute lo lasciano supporre abbastanza chiaramente. Numerose dediche sono accompagnate da raffigurazioni in cui ricorrono modelli piuttosto stereotipati, nella prevalenza dei casi di origine celtica anche se condizionati, sul piano esecutivo, dall’influsso dell’arte romana. L’iconografia tende a proporre un modello costituito da un gruppo di tre donne (sedute o erette), e in alcuni casi accompagnate da alcuni simboli che rimandano all’abbondanza e alla fertilità (frutta, fiori, cornucopia). Le triadi sono ampiamente documentate in Germania, Francia e nell’arco alpino italiano.


Con il passaggio dalle dee della terra agli dèi del cielo, e dunque dal matriarcato al patriarcato, l'archetipo femminile della Grande Madre rimase comunque radicato in tutte le civiltà: a Creta, forse l'unica civiltà in cui il potere rimase alla Terra, veniva venerata come Potnia Theròn; in epoche successive, in ambito mesopotamico divenne Inanna per i Sumeri e Ishtar per i Babilonesi; in ambito egizio abbiamo Iside e in qualche misura anche Hathor; in area anatolica, e specialmente in Frigia era Cibele; in ambito fenicio e cananeo divenne Astarte; in ambito etrusco era venerata come Mater Matuta;e infine in ambito greco è spesso identificata con Afrodite, ma anche con Demetra e più raramente Artemide, per il suo legame con la luna.