CERVELLO e RELIGIONE

 

 

IL NOSTRO CERVELLO SI E’ EVOLUTO DAI RETTILI

In questi ultimi anni, sono stati compiuti stupefacenti progressi sul cervello e la mente. Le ricerche mostrano la meravigliosa e incredibile realtà del cervello umano, una straordinaria struttura unica nell' universo conosciuto. Un cervello diverso da qualsiasi cosa l' uomo abbia mai costruito. E per questo, fonte di continue sorprese per gli stessi neuroscienziati.
   Il cervello umano può essere paragonato a una casa costruita un po’ per volta nel corso di milioni di anni.
  Sull' architettura di questa casa, Paul MacLean, uno dei più grandi protagonisti delle neuroscienze moderne, ha elaborato una interessante e affascinante teoria.
   Il cervello- egli afferma- è una struttura trinitaria- "triune brain"-, che consta di tre formazioni sovrapposte: il cervello rettiliano, così chiamato perché il suo aspetto è simile al cervello di un rettile, il cervello limbico o cervello mammaliano e il neocervello o cervello dei mammiferi recenti.
   Il primo rappresenta la parte più antica e profonda del cervello e si è evoluto- sostengono Ornstein e Thompson- più di 500 milioni di anni fa. Al cervello rettiliano sono legate l' aggressività e la violenza. E' una pulsione autodistruttiva e distruttiva.
   Il secondo cervello avrebbe fatto la sua comparsa da 300 a 200 milioni di anni fa. E' la sede delle emozioni.
   L' ultimo, il neocervello, apparve circa 200 milioni di anni fa. E' la parte più nobile del cervello. E' ciò che ci dà la nostra peculiare qualità umana: siamo in grado di capire, pensare, ricordare, comunicare, creare...

 

La teoria del cervello tripartito secondo MacLean

Michele Ernandes. La teoria del cervello tripartito secondo MacLean e la formazione dell’idea dell’«Essere dall’Immensa Potenza».

Titolo originale: «MacLean’s Triune Brain and the Origin of the “Immense Power Being” Idea» in The Mankind Quarterly 39 (2): 173-201, Winter 1998

Premesse sulle basi biologiche della religione

Nell’affrontare il problema dell’origine dell’idea dell’Essere dall’Immensa Potenza, riteniamo necessario porre due premesse:

1.      è stato dimostrato da Kant (1781) che non si può raggiungere una dimostrazione razionale né dell’esistenza né dell’inesistenza di Dio (l’«Essere dall’Immensa Potenza»);

2.      l’idea di un essere potente di tipo religioso è esistita in tutte le società umane in una forma o in un’altra.

Il problema quindi è cercare la spiegazione di come e perché tale idea esista, e, poiché esiste in un essere naturale, l’indagine ad essa relativa può essere affrontata dalle scienze naturali, tenendo presente che «Pensieri e credenze dipendono inevitabilmente dall’attività neurofisiologica del cervello» (Delgado 1969; trad. it. 1973, p. 41).

A sua volta l’attività cerebrale è determinata in primo luogo dal patrimonio genetico, che predetermina le strutture cerebrali, le loro possibili relazioni e la capacità di apprendere, e in secondo luogo dalle influenze ambientali che, recepite dalle strutture cerebrali, ne possono influenzare le attività ed in una qualche misura lo sviluppo.

Le strutture cerebrali, da cui dipendono le capacità fisiologiche e i comportamenti, sono il prodotto di un lungo processo evolutivo durante il quale sono state selezionate per fornire i migliori adattamenti all’ambiente esterno. Secondo Lorenz (1973; trad. it. 1974, p. 26) «gli ‘occhiali’ del nostro modo di pensare e di vedere, cioè i nessi di causalità e di costanza, di spazio e di tempo, sono funzioni di un’organizzazione neurosensoriale sviluppatasi al servizio della conservazione della specie».

In accordo con Leakey e Lewin (1977; trad. it. 1979, p. 231) riteniamo che «Quando un aspetto del comportamento è universalmente diffuso o quasi, nelle società umane, è lecito per lo meno il sospetto che sia qualche base genetica a determinare questo comportamento».

Le idee religiose hanno la caratteristica dell’universalità: come ricordato da A. Brelich (1970; trad. it. 1976, p. 16) «Non si è trovato neppure tra quelli più “primitivi” un solo popolo che fosse privo di qualsiasi credenza in esseri con caratteri personali».

È pertanto possibile supporre che la religione abbia una base biologica per il fatto che è universale, ovvero possiamo supporre che il comportamento e il pensiero religioso usufruiscano di una predisposizione genetica. La predisposizione non implica che l’idea della divinità sia “innata”, ma semplicemente che è naturalmente concepibile, pensabile, per la mente umana - e che nel cervello umano sono presenti delle strutture anatomo-fisiologiche che, in determinate circostanze ambientali, hanno permesso la formazione delle idee religiose, le quali a loro volta sono diventate parte dell’eredità culturale.

Il modello di MacLean

La predisposizione genetica si esplica mediante lo sviluppo delle strutture nervose encefaliche. Paul D. MacLean (1970/1990) ha elaborato un modello della struttura e dell’evoluzione dell’encefalo, descrivendolo come “Triune Brain” (cervello uno e trino) perché vi ha individuato tre formazioni anatomiche e funzionali principali che si sono sovrapposte ed integrate nel corso dell’evoluzione. A queste tre formazioni egli ha dato i nomi di cervello rettiliano (Protorettiliano, R-complex), mammaliano antico (Paleomammaliano, Sistema Limbico) e mammaliano recente (Neomammaliano) (Tale suddivisione è chiaramente una semplificazione in quanto piccoli centri nervosi riferibili al Sistema Limbico o al Neomammaliano possono essere trovati, come “primordi”, nei Rettili).

“Si pensa che il cervello rettiliano rappresenti il centro fondamentale del sistema nervoso, essendo costituito dalla parte superiore del midollo spinale, da parti del mesencefalo, dal diencefalo e dai gangli della base” [ovvero dall’olfattostriato (tubercoli olfattori e nucleo accumbens) e da strutture definite come appartenenti al corpo striato (nucleo caudato, putamen, globo pallido e sostanza grigia associata) (MacLean 1985a, p. 220)] ... “MacLean ritiene che l’R-complex dei cervelli dei mammiferi attuali derivi da quello di rettili mammifero-simili che nel passato popolarono la terra in grande numero” (Jsaacson 1982, p. 240). “Ai fini dello studio neurocomportamentale comparativo, è spiacevole constatare che nessun rettile esistente appartenga alla stessa linea filetica dei mammiferi. Uno dei rettili mammifero-simili più antichi era nell’aspetto così simile ai Lacertili da ricevere il nome di Varanosaurus, un termine che fa riferimento al varano, di cui il drago di Komodo è un importante esempio. Per queste ed altre ragioni noi abbiamo privilegiato l’uso delle lucertole nei nostri studi comparativi” (MacLean 1985b, pp. 408-9).

Secondo MacLean (1973a, trad. it. 1984, p. 7) “il cervello di tipo rettiliano che si trova nei mammiferi è fondamentale per le forme di comportamento stabilite geneticamente, quali scegliere il luogo dove abitare, prendere possesso del territorio, impegnarsi in vari tipi di parata [comportamenti dimostrativi], cacciare, ritornare alla propria dimora, accoppiarsi, [procreare], subire l’imprinting, formare gerarchie sociali e scegliere i capi”. Come osserva Isaacson (1982, p. 246), “L’R-complex è necessario per i comportamenti (esibizioni) ritualistici [che seguono una sequenza predeterminata] e la comunicazione non verbale ad essi associata. A livello umano, MacLean ritiene che certe tendenze comportamentali sono dovute ad una eredità di disposizioni regolate (mediated) dalla stessa, primaria regione cerebrale. Esse includono alcune violente reazioni, la preferenza per la routine o per azioni rituali, ed alcune forme di attività sostitutiva”.

Il Sistema Limbico comprende i bulbi olfattivi, il setto, il fornice, l’ippocampo, l’amigdala (in parte; la rimanente è ‘striata’, cioè rettiliana), il giro del cingolo, e i corpi mammillari.

“Il cervello paleomammaliano, o sistema limbico, rappresenta un progresso dell’evoluzione del sistema nervoso perché è un dispositivo che procura agli animali che ne dispongono mezzi migliori per affrontare l’ambiente. Parti di esso concernono attività primarie correlate col nutrimento ed il sesso; altre con le emozioni e i sentimenti; ed altre ancora collegano i messaggi provenienti dal mondo esterno con quelli endogeni. La comparsa esplosiva delle attività tipiche del Sistema Limbico, ad es. a causa di epilessia [temporale], può scatenare un insieme di esperienze e sensazioni, alcune delle quali molto interessanti essendo associate con la convinzione della scoperta di verità fondamentali, senso di spersonalizzazione e stranezza, ed allucinazioni (MacLean, 1970)“ (Isaacson 1982, p. 246).

Per quando riguarda le sensazioni associate alla conoscenza delle verità fondamentali, MacLean (1973b, p.123) scrive : “Sembra che l’antico sistema limbico fornisca gli ingredienti per la forte sensazione affettiva o convinzione che noi attacchiamo alle nostre credenze, senza badare se siano vere o false!”

Isaacson aggiunge:

“Un altro modo di concepire il sistema limbico è vederlo come regolatore dell’R-complex. In base alle osservazioni sperimentali, tale regolazione sembra essere di natura inibitoria. La stimolazione del sistema limbico spesso sopprime comportamenti incipienti, mentre lesioni in esso prodotte spesso risultano “liberare” [ovvero disinibire] varie attività” (Isaacson 1982, p. 246).

“Il cervello neomammaliano consiste nel Neocortex e nelle strutture del tronco cerebrale con le quali è primariamente connesso” (MacLean 1985a, p. 220), come i lemnischi, i tratti piramidali ed anche il neo-talamo.

La neocorteccia è una delle strutture nervose più ampiamente studiate, ma allo stesso tempo una delle meno conosciute. Essa è, a livello umano, la sede del linguaggio ed, in generale, è la sede di quei comportamenti che permettono ad una persona di affrontare situazioni nuove ed inaspettate. L’abilità di prevedere il futuro risiede in essa.

Noi dobbiamo il pensiero cosciente alla neocorteccia: è la sede dell’autocoscienza, delle concezioni dello spazio e del tempo, delle connessioni di causalità e di costanza.

L’attività del cervello neomammaliano è mutualmente influenzata dal sistema limbico e dall’R-complex: “dovrebbe essere enfatizzato il fatto che i tre tipi di cervello non sono in alcun senso separati, entità autonome, anche se sono capaci di funzionare in qualche modo indipendentemente” (MacLean 1973b, p. 114).

“Non si sottolineerà mai abbastanza che questi tre tipi fondamentali di cervello presentano fra loro grosse differenze strutturali e chimiche. Eppure devono fondersi e funzionare tutti e tre insieme come un cervello uno e trino . La cosa straordinaria è che la natura sia stata capace di collegarli fra di loro e di stabilire una qualche sorta di comunicazione dall’uno all’altro.” (MacLean 1973a; trad. it. 1984, p. 5).

Per quando riguarda la struttura, nell’R-complex i neuroni sono raggruppati in alcune masse (nuclei o gangli); nel Sistema Limbico accanto ai nuclei ci sono strutture palliali (o corticali), nelle quali i neuroni sono disposti in tre strati (allocortex).

Ariëns Kappers (1909) ha definito il pallio laterale (cioè la corteccia piriforme) come paleopallio ed il pallio mediale (ovvero l’ippocampo) come archipallio (MacLean 1990, p. 254; Voogd et al. 1998, p. 1872). Il pallio dorsale dà origine al neopallio: in esso, la corteccia (isocortex) ha neuroni disposti in sei strati. Per quando riguarda la chimica, i ricercatori hanno trovato differenze meno marcate: mentre, per es., l’acetilcolina e la dopamina sono tipiche dell’R-complex (MacLean 1990, pp. 38-43), la serotonina è presente in tutti e tre i tipi di cervello (si veda oltre, § Correlazioni neurobiologiche).

L’R-complex possiede la capacità di stabilire relazioni fra i fenomeni, ma in una forma diversa da quella neocorticale; la relazione non è razionale, ma di tipo temporale (post hoc, propter hoc). Ciò conduce ad attività di routine, di conformità a situazioni precedenti, di ritualizzazione di comportamenti, ovvero ad atti ossessivo-coercitivi (pensiero magico).

Tale tipo di connessione fra i fenomeni diviene cosciente e può essere espresso linguisticamente dal Neocortex.

Il Sistema Limbico, a sua volta, aggiunge la componente emotiva a queste attività, determinando uno stato di rilassamento quando esse sono svolte, e uno stato ansioso quando vengono bruscamente interrotte o modificate.

Il Neocortex ha la capacità induttiva: dalle osservazioni dei casi particolari in cui nota che certi fenomeni sono effetti di determinate cause, esso inferisce che “ogni fenomeno è effetto di una causa”.

Pertanto il Neocortex tende a stabilire connessioni in qualche modo razionali fra i fenomeni: esso è capace di farlo più o meno bene, secondo le sue conoscenze.

Riassumendo, la connessione causale fra fenomeni stabilita dal cervello nel suo insieme può essere:

a.      di tipo razionale, osservabile, sperimentale, se il Neocortex riesce a trovare la causa;

b.      di tipo magico, che non è osservabile né sperimentale, ha gradi più o meno alti di illogicità, ed è accettata per fede. Il pensiero magico ha la sua origine inconscia nell’R-complex e viene elaborato e reso cosciente dalla corteccia cerebrale, che tenta di dargli una parvenza di razionalità.

Comportamenti di dominanza e sottomissione nella Religione

I comportamenti religiosi esprimono particolari relazioni di dominanza-sottomissione.

“Dal punto di vista del comportamento, le manifestazioni religiose consistono nella riunione di gruppi numerosi di individui che compiono ripetute e prolungate esibizioni di sottomissione intese a placare un individuo dominatore il quale nelle diverse civiltà assume forme svariate che hanno sempre in comune tra loro l’elemento di una immensa potenza” (Morris, 1967; trad. it. 1974, IX ed., p. 191).

Secondo il modello di MacLean la struttura nervosa che presiede ai comportamenti gerarchici, e fra questi quello di sottomissione al capo, si trova nell’R-complex.

Il Sistema Limbico, con la sua azione regolatrice, impedisce, in condizioni fisiologiche, che i comportamenti determinati dall’R-complex si manifestino in maniera rigida, autonoma e stereotipata.

La sua regione settale ha notevole importanza nel controllo delle funzioni sessuali, l’amigdaloidea in quello delle aggressive. Le funzioni sessuali sono, specialmente nei mammiferi più primitivi, in relazione con il rinencefalo e quindi con le strutture olfattive.

Il comportamento di dominanza e sottomissione nei Primati

L’ipotesi che il comportamento religioso, il pensiero religioso e l’origine dell’idea dell’ “Essere potente” siano naturali può essere convalidata dall’osservazione dei loro fondamenti fra gli Ominidi e i Primati non-umani. Per la validità di questa ipotesi è indispensabile trovare in essi:

a.      il comportamento di dominanza-sottomissione

b.      l’esistenza, in atto o in potenza, della figura del capo-branco assoluto.

Nei mammiferi si sono instaurate forti connessioni fra i comportamenti sessuali e quelli di dominanza e sottomissione, così che i comportamenti e il sesso maschili sono diventati segni di dominanza e quelli femminili di subordinazione. Tali valenze del comportamento e degli organi sessuali sono evidenti nei Primati, incluso l’Homo sapiens.

Il comportamento di dominanza-sottomissione costituisce un aspetto molto importante della vita sociale dei Primati; le società dei Primati possono essere organizzate, in relazione ai sistemi riproduttivi, come segue:

a.      gruppi monogamici (Mo);

b.      gruppi a un solo (o a singolo) maschio (Single Male, SM);

c.      gruppi con molti maschi (Multi Male, MM).

Questi sistemi tendono ad essere correlati con il dimorfismo sessuale delle dimensioni corporee e della grandezza dei denti canini (dimorfismo intrasessuale, risultante dalla competizione fra i maschi). Le specie monogame mostrano un basso grado di dimorfismo, quelle con gruppi a un solo maschio o a molti maschi mostrano un dimorfismo variabile, associato con la gradazione della competizione maschile (Clutton-Brock and Harvey 1977; Leutenegger and Kelly 1977; Harvey et al. 1978; Pickford and Chiarelli 1986; Hinde 1987; Plavcan and van Schaik 1994).

Plavcan e van Schaik (1992) hanno classificato le specie dei Primati in 4 “livelli di competizione”, distinti da 1 a 4, in base all’intensità e alla frequenza potenziale della competizione maschile.

Il livello 1 comprende specie a bassa intensità e bassa frequenza.
Il livello 2 comprende specie a bassa intensità e alta frequenza.
Il livello 3 specie ad alta intensità e bassa frequenza.
Il livello 4 specie ad alta intensità ed alta frequenza.

La bassa frequenza di competizione è tipica dei gruppi riproduttivi che contengono soltanto un solo maschio adulto: così le specie monogame appartengono al 1° livello, mentre le specie con gruppi a un solo maschio appartengono al 3° livello.

“Società organizzate a più livelli, come quelle Papio hamadryas, Theropithecus gelada e Nasalis larvatus, nelle quali i gruppi a un solo maschio convergono giornalmente per formare gruppi più vasti” (Plavcan e van Schaik 1997), sono classificate al 4° livello, poiché ne deriva un’alta frequenza delle interazioni maschili.

Le specie in cui i gruppi sono a molti maschi sono divise in 3 livelli di competizione (2°, 3° e 4°).

Secondo Plavcan e van Schaik (1997, p. 353) “l’incremento del dimorfismo sessuale sia delle dimensioni dei canini, sia del peso corporeo è correlato fortemente con l’incremento del livello di competizione”. Tale correlazione ci consente di fissare il livello di competizione dal dimorfismo sessuale, e viceversa.

Lo studio dei fossili di quelle specie che si ritiene siano state le antenate della nostra rivela che in esse il dimorfismo sessuale fu presente ed elevato fino a più di due milioni di anni fa, e fu piccolo (il corporeo) o assente (quello dei canini) nell’epoca seguente fino ad oggi. Il dimorfismo rilevato nei fossili è una prova della competizione maschile, ma non ci permette di affermare con sicurezza se le specie che lo presentavano erano organizzate in gruppi a un solo maschio o a molti maschi.

Ciò che è importante, ai fini del nostro studio, è però soltanto la competizione maschile. Plavcan e van Schaik (1997) hanno osservato che la stima del dimorfismo corporeo di A. afarensis è compatibile soltanto con i livelli di competizione maschile 3° o 4° (p. 365), e che soltanto il 3° livello competitivo è adatto per le stime del dimorfismo delle quattro dimensioni occlusali dei canini.

Per il genere Homo, come abbiamo detto sopra, il dimorfismo delle dimensioni corporee è basso (livelli competitivi 1° e 2°), mentre il dimorfismo dei canini è assente (livello competitivo 1°).

Noi proponiamo di correlare una socialità SM al dimorfismo elevato, ed una socialità monogamica al dimorfismo basso o assente. Noi non possiamo affermare questo con assoluta certezza [per la linea filetica degli ominidi], ma vogliamo soltanto [mediante le socialità limite] evidenziare la presenza o l’assenza della competizione maschile.

Le specie fossili che si ritiene appartengano all’albero filogenetico umano (Chiarelli 1991, 1995; Wood 1994; D’Amore 1996; Chaline et al. 1996) sono messe in correlazione con le stime del loro dimorfismo e della competizione maschile [Nelle più recenti ricostruzioni di tale albero l’Australo-pithecus garhi ha soppiantato l’A. africanus, ma le due specie, per quanto riguarda il nostro studio, possono considerarsi equivalenti].

Al dimorfismo dell’Australopithecus afarensis (vissuto circa tre milioni di anni fa) abbiano correlato una socialità basata sulla figura del capo-branco assoluto (SM). Alla mancanza di dimorfismo (soprattutto dei canini) delle specie seguenti (in particolare da Homo rudolfensis/habilis in poi, cioè da circa due milioni di anni) è invece correlabile una socialità tendenzialmente monogama [con maschi tolleranti e collaborativi]. (“Tendenzialmente monogama” perché l’Homo sapiens ha prodotto diversi tipi di sistemi matrimoniali, ma ogni volta che sono comparse circostanze ambientali o sociali favorevoli c’è stata la ricomparsa, almeno in parte, di una socialità stile ‘singolo maschio’, con poliginia legale o tollerata).

Poiché i comportamenti religiosi sono caratterizzati dalla sottomissione ad un individuo dominatore, è verosimile che essi siano almeno in parte espressione di una socialità basata sul capo-branco assoluto, che, secondo il modello di MacLean (1973a), ha il suo fondamento neurologico nelle strutture “gerarchizzanti” dell’ R-complex. (D’altra parte, un individuo dominante non potrebbe essere concepito da un cervello che non fosse preparato a concepire le relazioni individuali come gerarchiche).

Pertanto l’”Essere dall’immensa potenza”, che ha origine “inconscia” nell’R-complex, risulta dalla razionalizzazione e dalla proiezione dell’immagine del capobranco in una realtà sovrumana, proiezione e razionalizzazione che vengono effettuate dal Neocortex [Tuttavia, da ciò che si è detto sopra si può ipotizzare che non vi fosse, nelle società degli Ominidi con dimorfismo sessuale minimo, alcun individuo (il capo-branco assoluto) che potesse fungere da esempio concreto di “Essere dall’immensa potenza”. In altri termini si può escludere che l’idea della divinità possa aver tratto spunto da un esempio vivente e presente in quelle società].

Come può essere possibile, quindi, che in Uomini di cui ci è documentata una socialità a bassa competizione maschile noi possiamo trovare la proiezione, in un mondo sovrumano, di un Essere dall’estrema potenza, come quello che può essere associato a un sistema sociale con un’alta competitività fra i maschi?

Benché inibito dal Sistema Limbico, l’R-complex del cervello umano manteneva (e mantiene) le strutture e le funzioni gerarchizzanti di dominanza-sottomissione che determinano la sottomissione ai capi. Poiché l’elaborazione neocorticale del concetto di un “Essere dall’immensa potenza” non può che essere suscitata, secondo il modello di MacLean, da un’azione dell’R-complex sul Neocortex, si deve pensare che in un particolare periodo della evoluzione umana tale struttura nervosa è stata temporaneamente liberata dal controllo inibitorio del Sistema Limbico, presumibilmente in seguito ad uno stimolo, che, causando un trauma psichico, abbia ridotto l’azione inibitrice del Sistema Limbico.

Lo stimolo traumatico e le sue conseguenze

Noi possiamo supporre che tale stimolo traumatico sia stato causato nell’Uomo dall’acquisizione della coscienza della propria mortalità, perché il pensiero della morte potrebbe essere il più traumatico (secondo Chiarelli 1984, p. 303, “l’esperienza unica che accomuna tutti gli uomini è la morte. Probabilmente è questo il fattore unificante, la condizione mentale che ha condotto i più antichi esseri pensanti a sviluppare una dottrina dell’anima”).

L’Homo sapiens è l’unico animale che sappia di essere mortale [È l’unico che si rende conto che può morire senza che vi sia un animale nemico che lo stia assalendo o possa farlo].

Egli non riconosce immediatamente tale fatto come un dato naturale. Piuttosto pensa che sia una violenza subita, e tale deve essere sembrata ai primi uomini che ne ebbero coscienza. Noi non possiamo sapere quando ciò avvenne, ma sappiamo che più di 50.000 anni fa l’Uomo di Neandertal seppelliva i propri morti.

Il nesso di causalità che il Neocortex tende a stabilire tra i fenomeni ha fatto sì che l’Uomo abbia cercato l’agente di tale violenza.

Nello stesso tempo, in seguito allo stimolo traumatico dato dalla coscienza della morte, l’attività del Sistema Limbico sull’R-complex deve aver avuto una variazione che:

a.      abbia permesso alle strutture dell’R-complex riguardanti i comportamenti gerarchici di manifestarsi a livello neocorticale (cosciente);

b.      abbia fatto riconoscere, alle strutture neocorticali che cercavano una spiegazione dell’accaduto secondo dei rapporti di causa-effetto, nell’ “Essere potente” proposto dall’R-complex l’agente della morte.

Nella figura 3 sono schematizzate le fasi del processo di formazione delle idee religiose, qui proposto, in rapporto alle funzioni interessate dei cerebrotipi di MacLean:

1.      L’Homo sapiens percepisce l’evento della morte.

2.      Nel Neocortex si ha la presa di coscienza della mortalità come destino ineluttabile, e nello stesso tempo essa è avvertita come violenza.

3.      Il Sistema Limbico recepisce questa coscienza e la trasforma in stimolo emozionale verso gli altri due cerebrotipi; nello stesso tempo la sua azione inibitoria sull’R-complex diminuisce.

4.      Per l’R-complex, la violenza è attuata da un individuo dominante. Le strutture neocorticali che presiedono alle funzioni di ricerca dei rapporti causa-effetto dei fenomeni individuano nell’idea di capo-branco, originata dalle strutture gerarchizzanti presenti nell’R-com-plex, l’agente della violenza mortale che viene esercitata sull’Uomo, e si ha quindi:

a.      la formazione dell’idea di un “Essere dall’immensa potenza”.

b.      Le strutture neocorticali che organizzano il pensiero, in rapporto alle condizioni sociali e ambientali (7a), costruiscono (7b) un insieme di miti volti a spiegare i rapporti tra l’Uomo e la Divinità (in primo luogo la ragione della violenza mortale infitta da quest’ultima) e di rituali, che permettano di stabilire una relazione comunicativa tra l’Uomo e l’”Essere Potente” (o gli “Esseri potenti”). (Siccome l’invisibile “Essere Potente” è il “capo” degli esseri umani, egli deve essere simile a loro, ovvero, reciprocamente, gli esseri umani devono essere simili a lui, e così anche gli esseri umani devono avere una parte invisibile, l’anima).

La tipica capacità umana di pensare un essere supremo inanimato è stata probabilmente favorita dall’attività onirica. Il “Mondo dei Sogni” infatti potrebbe essere stato interpretato dai primi esseri umani come una realtà a parte rispetto a quella sensibile, diversa da questa, ma non meno reale. A conferma di questa idea, notiamo che nel modo di pensare religioso i sogni, spesso, sono stati interpretati come una forma di comunicazione con il divino.

Ciò che è stato esposto nei precedenti paragrafi è il processo mediante il quale il concetto di un Essere Divino emerse fra i primi esseri umani che furono coscienti della propria mortalità e tentarono di darne una spiegazione. Le concezioni del divino e del sacro sono [adesso] canalizzate e plasmate dalle strutture religiose e sociali in cui ogni individuo vive ed è educato. Inoltre dovrebbe essere ricordato che solo il Neocortex è capace di pensiero critico-razionale: l’R-complex ed il sistema limbico tendono a sistemi di credenza irrazionali.

I riti iniziatici avvengono in età particolari (critiche) dello sviluppo individuale, con un coinvolgimento emotivo Essi operano soprattutto sul Sistema Limbico e sull’R-complex. Il Sistema Limbico fornisce gli ingredienti per la forte sensazione affettiva di convinzione attaccata alle credenze, mentre l’R-complex è la sede dell’imprinting.

Le esperienze emozionali ripetute e le forze ambientali favoriscono l’impriting, fino a far diventare le credenze religiose, come quelle riguardanti l’esistenza di un essere potente sovrannaturale [ma soprattutto le sue supposte volontà], forti e ben radicate.

In particolari circostanze storiche poi una religione può essere accompagnata, o sostituita, da una “ideologia totalizzante”, una ideologia cioè che assegna un fine metafisico all’Uomo e alla Storia. Tali ideologie coinvolgono organizzazioni, credenze e rituali che sono simili, almeno strutturalmente, a quelli della religione.

Parallelismo fra le caratteristiche del capo-branco e dell’"Essere potente"

Il capo-branco di un gruppo (in particolare nei gruppi a un solo maschio, SM) esercita il suo potere su un territorio, domina gli eventuali altri maschi, che hanno un comportamento di sottomissione (femminile) nei suoi riguardi, ha la priorità nell’accesso al cibo e possiede le femmine.

A conferma che l’"Essere potente" non è che la proiezione del "capo-branco" possiamo notare nelle divinità delle varie religioni, al di là delle variazioni culturali, il manifestarsi più o meno completo delle prerogative che caratterizzano il secondo:

a.      Dominio territoriale: può esprimersi come dominio su un singolo popolo, e quindi su un territorio ristretto [dei nazionali, enoteismo], o essere più vasto, fino ad abbracciare tutto il mondo conosciuto.

b.      Dominio sui maschi. Può manifestarsi in vari modi nei quali ad esempio i maschi:

oassumono posizioni che segnalano la sottomissione e che originano, con maggiore o minore evidenza, dalla presentazione sessuale femminile delle scimmie [cambia l’orientamento, da dorsale a frontale, e si va dall’inginocchiamento, che in talune culture può evolvere in senso simbolico all’inchino o al cenno del capo, alla prosternazione: si veda la figura 1 [1]];

osi sottopongono a mutilazioni sessuali (come la circoncisione) che simboleggiano la castrazione e quindi la femminilizzazione o comunque una riduzione della mascolinità, che rimane così attributo esclusivo dell’"Essere potente";

osi astengono dai rapporti sessuali.

c.      Priorità nell’accesso al cibo: ovvero offerte rituali, specie delle primizie.

d.      Possesso delle femmine: riti matrimoniali, di preparazione all’atto sessuale, consacrazione di vergini al servizio del dio o, al contrario, prostituzione sacra, con la quale il dio manifesta la sua magnanimità nei confronti dei maschi suoi sottoposti. In taluni casi la priorità nel possesso delle femmine è delegata dal dio ai suoi rappresentanti in Terra (jus primae noctis). Non sorprende che se i maschi devono assumere un atteggiamento di sottomissione femminile nei confronti dell’"Essere potente" a maggior ragione lo devono assumere le femmine.

Correlazioni neurobiologiche

La riduzione dell’azione inibitrice del Sistema Limbico sull’R-complex è un evento cruciale nella nostra ricostruzione dell’origine della religione. Noi dobbiamo cercare di confrontare la nostra teoria con ciò che attualmente si sa a proposito del Sistema Limbico e dei neurotrasmettitori coinvolti.

La serotonina è un composto prodotto in alcuni centri nervosi, origina dall’aminoacido triptofano ed esercita i suoi effetti agendo come un classico neurotrasmettitore o come un neuromodulatore (questi effetti sono dovuti ai recettori postsinaptici : i recettori per la serotonina sono molti e diversificano gli effetti della serotonina nelle varie regioni encefaliche. Cfr. Baumgarten & Göthert 1997). "I neuroni serotoninergici sono presenti in tutti i phyla che possiedono un sistema nervoso" (Weiger 1997). I centri nervosi nei quali la serotonina è prodotta sono i nuclei del rafe. Nella fig. 5a sono mostrati i vari nuclei del rafe dei Primati e le loro principali proiezioni. Per quanto riguarda i Rettili, "con la tecnica dell’immuno-fluorescenza indiretta che usa gli anticorpi contro la serotonina, la distribuzione dei neuroni immunoreattivi (5-HTi), per la presenza di serotonina, è stata studiata nel Varanus exanthematicus (Wolters et al. 1985). ... Nei rettili possono essere distinti solo due nuclei del rafe: e cioè il rostrale, o nucleo del rafe superiore, contenente soprattutto cellule piccole, ed il grande nucleo del rafe inferiore, che contiene cellule di grandezza da media a molto grande.

Considerando la loro grandezza e la loro posizione relativa nel tronco cerebrale caudale, le cellule serotoninegiche (perchè immunoreattive, 5-HTi) trovate nella parte caudale del nucleo del rafe inferiore sono presumibilmente comparabili a quelle del rafe pallido dei mammiferi, quelle trovate più rostralmente (sempre nel nucleo inferiore), dove prevalgono le cellule grandi, al nucleo del rafe magno dei mammiferi. Non è stata osservata alcuna omologia evidente delle cellule serotoninergiche del rafe oscuro dei mammiferi ... . ... non sono stati ritrovati gruppi di cellule serotoninergiche (immunoreattive) nell’area immediatamente dorsale al fascicolo longitudinale mediale, cioè in una posizione paragonabile a quella del nucleo del rafe dorsale dei mammiferi ...Un primordio del nucleo del rafe dorsale, comunque potrebbe essere nascosto nel nucleo del rafe superiore" (ten Donkelaar 1998, p. 1417). Seguendo il modello di MacLean, nel sistema serotoninergico possiamo distinguere una parte rettiliana (cioè dell’R-complex) ed una parte mammaliana (cioè del Sistema Limbico), quest’ultima formata in particolare dai nuclei obscurus e dorsale del rafe. Le fibre ascendenti che partono dai nuclei pontini raggiungono numerose regioni telencefaliche, tra le quali sono comprese quelle dei gangli della base.

Così l’evoluzione del sistema serotoninergico è un esempio dell’evoluzione del cervello secondo il modello di Maclean. Infatti possiamo distinguere in esso una parte rettiliana, che è un sistema regolatore interno allo stesso R-complex e al midollo spinale; e una parte limbica, che incrementa notevolmente il controllo sull’R-complex e inoltre si collega con il Neocortex, in particolare con la corteccia prefrontale che, secondo MacLean (1978), ci aiuta a comprendere più profondamente i sentimenti altrui. Date le sue numerose proiezioni, il sistema serotoninergico costituisce il sistema più importante di integrazione e coordinazione, fra i tre cerebrotipi proposti da Maclean, finora identificato.

Diverse ricerche hanno mostrato che la riduzione dell’azione serotoninergica potrebbe avere conse-guenze differenti, tra le quali quelle che seguono sono particolarmente interessanti:

a.      incremento della competizione intraspecifica;

b.      incremento del pensiero magico;

c.      epilessia temporale.

La competizione intraspecifica è il mezzo mediante il quale vengono formate le gerarchie sociali all’interno di gruppi di Primati non umani, ed essa è legata alle strutture cerebrali dell’R-complex (MacLean 1973c).

Diverse ricerche hanno mostrato che un aumento della competizione intraspecifica è correlato positivamente con una diminuzione del tono serotoninergico in Primati non umani (Raleigh et al. 1980; Raleigh et al. 1991; Higley et al. 1992; Mehlmann et al. 1994). Queste osservazioni sono in consonanza con la concezione del cervello "uno e trino" di MacLean perché confermano che le strutture gerarchizzanti sono caratteristiche dell’R-complex e che sono controllate dal Sistema Limbico, principalmente attraverso il sistema serotoninergico. Una riduzione del tono serotoninergico pertanto riduce la resistenza all’azione delle strutture gerarchizzanti.

Il pensiero magico, come riportato sopra, è una forma di pensiero che prende origine dalle connessioni temporali tra i fenomeni e stabilisce connessioni irrazionali. Esso è presente in vario grado tra gli esseri umani e si manifesta come superstizioni, credenze astrologiche, rituali minori e alcune innocue fobie. In un certo numero di individui esso può peggiorare e manifestarsi con ossessioni e coazioni.

Secondo il DSM III (1987) le prime sono idee ricorrenti e persistenti, immagini di impulsi che non sono avvertiti come prodotti volontariamente, ma piuttosto come pensieri estranei che invadono la coscienza e come idee senza senso o disgustose. ...Si fanno sforzi per sopprimerli. ... Le coazioni sono comportamenti ripetitivi e apparentemente indirizzati che sono eseguiti in conformità a determinati rituali ed in modo stereotipato. Il comportamento non è fine a se stesso, ma inteso a produrre o prevenire qualche evento o situazione nel futuro. Tuttavia, il comportamento non è realisticamente connesso con ciò che si vuole produrre o prevenire, o può essere chiaramente eccessivo. (Gli individui civilizzati attuali normalmente riconoscono l’insensatezza di tali comportamenti, anche se la loro attuazione produce un certo rilassamento, ma ... cosa avveniva nei primi esseri umani?)

Secondo il modello di MacLean le ossessioni sono pensieri prodotti dall’R-complex che irrompono nel Neocortex e si manifestano a livello cosciente: il paziente li avverte come estranei perché l’R-complex manifesta i suoi pensieri senza un adeguato controllo neocorticale o limbico. La mancanza di integrazione delle funzioni del cervello trino fa sì che l’individuo avverta qualcosa di estraneo all’interno del suo pensiero e che è indipendente dalla sua volontà.

La ripetitività e la rigidità comportamentale delle coazioni sono chiaramente tipiche dell’R-complex, come detto sopra.

Rapoport (1989) ha localizzato nei gangli basali (R-complex) la sede del disturbo ossessivo-coatto (obsessive-compulsive disorder, OCD), ed ha osservato in essi una riduzione del tono serotoninergico: i farmaci che aumentano la permanenza della serotonina a livello sinaptico sono attualmente quelli che meglio curano tale disturbo.

L’epilessia del lobo temporale (o epilessia limbica) non è sempre grave, e spesso può essere priva di effetti clinici evidenti: l’individuo che ne soffre rimane conscio ed esperimenta sensazioni come il dejà-vu, visioni cosmiche, stati sognanti. È stata studiata, fra gli altri, da Geschwind: riferendo tali studi, M. S. Gazzaniga (1985) scrive che nella sua forma base essa causa una intensificazione delle credenze religiose e comportamenti sessuali bizzarri, sebbene non necessariamente insieme. Riguardo l’aspetto religioso, non soltanto si intensificano le convinzioni religiose, ma l’aspetto che assumono diviene erratico, ed il soggetto passa facilmente da una credenza ad un’altra. Secondo Gazzaniga questi fenomeni clinici ci fanno pensare che nel cervello si possa stabilire un equilibrio dinamico fra sistemi che generano ipotesi e sistemi che le accettano come rispondenti a criteri razionali. Lo stato normale consente un certo livello di credenze magiche e irrazionali, ma la condizione patologica, disinibita, abbassa la soglia di accettazione a tal punto che nuove credenze possono essere rapidamente accolte senza accertamento critico. Mandell (1980; vedi inoltre Hooper e Teresi, 1986) ha connesso l’epilessia limbica con la riduzione del tono serotoninergico, in particolare nell’ippocampo. Secondo questo autore, la riduzione del tono serotoninergico può essere ottenuta anche mediante allucinogeni (come l’LSD) od altre attività come le preghiere o i canti religiosi ripetitivi, che sono collegati alla deprivazione sensoriale associata alla vita monastica.

In altri lavori (Ernandes e Giammanco 1992; Ernandes, La Guardia e Giammanco 1996) noi abbiamo collegato particolari abitudini alimentari alla riduzione del tono serotoninergico ed alle sue conseguenze. Infatti, la sintesi neuronale della serotonina, che ha come precursore l’aminoacido triptofano, dipende non soltanto dalla disponibilità di triptofano ma anche dal rapporto nel sangue fra il triptofano (trp) e i grandi aminoacidi neutri (LNAAs, Large Neutral Amino Acids), a causa della competizione fra tali LNAAs e il triptofano per l’ingresso nei neuroni, poiché essi usano la stessa proteina trasportatrice per passare dal sangue ai neuroni (Fernstrom e Wurtman 1972; Fernstrom 1988; Lehnert e Wurtman 1993). Il valore del rapporto "trp/LNAAs", inoltre, tende ad essere correlato con la composizione aminoacidica della dieta (Yokogoshi & Wurtman 1986): così una dieta con un basso valore del rapporto "trp/LNAAs" causa una riduzione della sintesi della serotonina. Fra gli alimenti usati dagli esseri umani alcuni, come il mais o il sorgo, hanno un basso valore del rapporto "trp/LNAAs".

La carenza di serotonina, come riportato sopra, comporta diverse conseguenze comportamentali, come la tendenza verso il comportamento aggressivo o il fanatismo ideologico-religioso.

Fra le popolazioni dell’America precolombiana tali conseguenze si mostravano, generalmente, correlate positivamente con la dipendenza alimentare dal mais. Gli Aztechi soffrivano grandemente di carenza di serotonina, cui essi inconsciamente cercavano di porre rimedio consumando alimenti come l’amaranto o la carne umana che, avendo un alto valore del rapporto "trp/LNAAs", permettevano un aumento della sintesi di serotonina. Pertanto il loro cannibalismo poteva ben essere causato da una deficienza di serotonina causata a sua volta da una forte dipendenza alimentare dal mais (Ernandes & Giammanco 1992).

Per altre parti del mondo conseguenze simili sono ipotizzabili per alcune popolazioni africane od anche europee (Ernandes, La Guardia & Giammanco 1996), ad es. per le popolazioni Balcaniche che dipendevano largamente dal mais: Nel 1913 la Carnegie Endowment for International Peace inviò una commissione allo scopo di accertare la fondatezza dei resoconti delle atrocità commesse dai belligeranti nella I Guerra Balcanica. I Commissari accertarono "che la guerra combattuta pochi mesi prima in Macedonia era stata d’una crudeltà medievale. Stupri di massa, mutilazioni genitali, la popolazione d’interi villaggi scannata nelle case e per le strade, corpi messi ad arrostire sugli spiedi, bambini decapitati sotto gli occhi delle madri" (S. Viola 1997). Da tali osservazioni noi riteniamo che un basso valore del rapporto "trp/LNAAs" nei cibi consumati abitualmente da una popolazione possa costituire un fattore di rischio verso la violenza o l’intolleranza. Sarebbe interessante studiare le abitudini nutrizionali nella storia del fanatismo religioso per trovare possibili correlazioni positive.

L’"Essere potente" e l’"Essere perfetto"

L’"Essere potente" di cui abbiamo delineato la formazione ha il suo substrato neurobiologico nell’R-complex, ed è presente maggiormente nelle religioni.

L’essere umano ha successivamente elaborato il concetto di "Essere perfetto". Tale Essere, frutto di una elaborazione filosofica, ha il suo fondamento nel Neocortex.

La speculazione teologica e filosofica ha tentato di conciliare l’Essere "potente" con quello "perfetto", per lo più tentando di razionalizzare e giustificare azioni associate alla fede nell’Essere potente che sembravano incompatibili con gli standards morali degli esseri umani.

Gli esseri umani sono pervenuti a varie concezioni dell’ "Essere perfetto", come il Deus sive natura di Spinoza, il deismo della maggior parte degli Illuministi, lo Spirito Assoluto dell’idealismo, il "Grande Architetto dell’Universo" dei Massoni. Noi non possiamo fare alcuna scelta a questo riguardo, anche se riteniamo molto più plausibile l’esistenza di un "Essere perfetto", che è l’immagine della parte neocorticale umana, piuttosto che quella dell’"Essere potente", che è l’immagine della parte rettiliana del cervello umano.

[Noi abbiamo delineato la formazione dell’idea dell’Essere potente, a maggiore componente rettiliana; d’Aquili e Newberg, 1999 e 2001, hanno studiato le componenti mistiche del pensiero religioso, rivolgendo in pratica la loro indagine al divino di origine limbica; McNamara ha recentemente evidenziato la componente neocorticale. Noi parliamo di "componenti" rettiliane, limbiche e neocorticali nelle concezioni degli esseri divini, Newberg e McNamara (che fingono di ignorare il "triune brain" di MacLean) ritengono che l’oggetto della loro indagine sia l’essere divino in toto: un giorno o l’altro dovranno ricredersi]

Conclusioni

In ultima analisi le basi biologiche della religione, ovvero la predisposizione genetica al suo instaurarsi, che noi abbiamo supposto all’inizio del nostro studio, si riduce a poche e generalizzate caratteristiche strutturali del pensiero umano, e in particolare:

1.      alla capacità di attribuire ruoli "dominanti" e "subordinati" all’interno di una gerarchia sociale, e di portare tale capacità a livello cosciente e razionale, ovvero concettualizzandoli;

2.      alla capacità induttiva di astrarre da osservazioni singole regole generali, e quindi, nella fattispecie, costruire, dal fatto della morte, una teologia basata sul fatto della mortalità [pervenire, dai singoli eventi di morte, al concetto di mortalità generale];

3.      al rifiuto della morte come termine dell’esistenza;

4.      alla necessità di trovare un rapporto causa-effetto` per gli eventi osservati [questa necessità può anche dirsi "bisogno di spiegazione"];

5.      alla capacità di "proiettare" i propri contenuti mentali (idee, sentimenti, valori) attribuendoli agli altri o riconoscendoli in essi. Questa capacità caratterizza, secondo Maser e Gallup (1990) la "mente". Essa può essere "definita come la capacità di (1) riflettere sui propri pensieri e sulle proprie emozioni (cioè essere coscienti di essere coscienti) e (2) usare tale capacità come base per inferire le esperienze altrui (p. 522). Ciò spiega l’antropomorfismo, da mentale a fisico, dell’ "Essere dall’immensa potenza." Inoltre si deve rilevare l’importanza del linguaggio, il quale, dando all’esperienza concettuale soggettiva e particolare la capacità di diventare collettiva e generale, deve aver permesso la trasformazione della coscienza della morte da individuale a collettiva. Possiamo pertanto aggiungere che il sorgere della religiosità nell’Uomo deve probabilmente aver seguito lo sviluppo del linguaggio.

Nulla di preciso però si può dire sulle concezioni che dell’"Essere (Esseri) potente" ebbero i primi uomini. Le religioni dei popoli senza scrittura non possono essere considerate religioni "primi-tive" od "originarie", avendo anche questi popoli una storia culturale.

Le differenti forme che gli esseri divini e il sacro assumono nelle diverse religioni dipendono dalle strutture economiche e sociali (Harris 1977, 1979) e dalla storia culturale.

L’ipotesi sull’origine della religione che abbiamo precedentemente illustrato si basa su tre punti fondamentali:

a.      la coscienza che l’Uomo ha del proprio essere mortale;

b.      la tendenza umana a cercare di spiegare i fenomeni osservabili (in questo caso la morte) mediante cause non osservabili, con un’inferenza di tipo magico;

c.      l’"Essere potente" come proiezione dell’Uomo, ovvero dell’idea di "capo-branco" che l’Uomo porta dentro di sè.

Diversi studiosi hanno fondato sull’uno o sull’altro di questi punti le loro idee sull’origine della religione; per esempio:

a.      sulla coscienza di essere mortale: Koestler (1978); B. Chiarelli (1983); Maser e Gallup (1990);

b.      sul pensiero magico: Gazzaniga (1985);

c.      sull’ "Essere potente" come proiezione umana: Spinoza; Feuerbach; Freud (1913); Morris (1967)

In questo lavoro li abbiamo tutti e tre collegati.

Ringraziamenti: Ringraziamo i Sigg. Michele Colletti e Renato Serio per il supporto tecnico, e la Sig. Francesca Castigliola per la tempestiva trascrizione del manoscritto; la Sig.na Daniela Carrillo per l’editing e l’aiuto linguistico; il Dr. Maurizio La Guardia per la collaborazione nelle ricerche sul sistema serotoninergico; le Sigg. Angela Costanzo e Giuseppina Raspanti, mogli degli autori, per l’aiuto e i commenti apportati; particolari ringraziamenti per il Prof. Brunetto Chiarelli, che ha seguito lo sviluppo della nostra ipotesi dall’origine, ha contribuito con utili commenti durante il suo sviluppo, e ne ha sollecitato la prima esposizione pubblica al XII Congresso Nazionale della AAI (Associazione Antropologica Italiana), tenutosi a Palermo ed Alia dal 16 al 20 settembre 1997.

Per la versione in italiano si ringraziano inoltre: la Dott.ssa Giuliana Ricciardi per la traduzione e le Sign.ne Jolanda Librici e Claudia La Mela per la trascrizione.

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